Ben-Essere

IL GIARDINO MEDIEVALE

Il giardino medievale e l’orto monastico. Principali caratteristiche e ricostruzioni filologiche contemporanee

I giardini dei monasteri, protetti da alte mura e adornati da chiostri, costituirono luoghi di meditazione e di ricerca spirituale, scientifica, farmacologica e alimentare. Questi luoghi verdi, oltre a fornire ai monaci il contatto con il Creato, erano perfetti per coltivare semplici[1]. Cioè le erbe medicinali destinate alla preparazione dei farmaci.

L’ORTO MONASTICO

I monaci aderenti alla Regola di San Benedetto avevano a disposizione il giardino cintato (hortus conclusus). Il giardino era diviso in quattro zone: quella dedicata alla coltivazione delle verdure (horti); quella destinata agli alberi da frutto (pomaria); una alle erbe officinali o giardino dei semplici ed una ai giardini con alberi e piante ornamentali (viridaria). La prima zona era destinata alla coltivazione dei vegetali eduli e presentava un percorso centrale che suddivideva la grande aiuola rettangolare. L’aiuola era a sua volta divisa in diciotto campi della stessa forma, in ognuno dei quali veniva indicata la coltivazione di un ortaggio. Nella fila più esterna solitamente erano presenti: aglio, scalogno, prezzemolo, cerfoglio, lattuga, santoreggia, pastinaca, cavolo e finocchio. In quella più interna: cipolla, porro, sedano, coriandolo, aneto, due varietà di papavero, rafano e bieta. Il giardino dei semplici, destinato all’impianto delle essenze medicinali, era posto nelle immediate vicinanze dell’infermeria e degli altri edifici adibiti alla cura dei monaci o dei laici. In tale giardino prevalevano le piante officinali, come la ruta, la salvia, la menta o il puleggio, ma non mancavano i fiori.

Come affermavano Rabano Mauro e Alberto Magno, il giardino era una porzione di natura governata dai monaci che sorgeva ai lati della chiesa abbaziale. La sua prima raffigurazione è senza dubbio la celeberrima planimetria di un monastero benedettino conservata presso la biblioteca del chiostro elvetico di San Gallo. Si tratta di una pianta su pergamena, risalente intorno al IX secolo d.C., costituita da cinque fogli cuciti insieme con disegni in minio e postille in inchiostro bruno. Lo spazio appare diviso in grandi aiuole rettangolari su ognuna delle quali è tracciata, come nell’orto, l’indicazione della specie coltivata. In tale giardino prevalevano le piante officinali, come la ruta, la salvia, la menta o il puleggio, ma non mancavano i fiori. In particolare i gigli, le rose, simboli della Vergine, e le viole.

DAL GIARDINO MONASTICO A QUELLO ARISTOCRATICO

Nel corso del Medioevo, poco alla volta, gli ideali della vita di corte si imposero e i giardini ricominciarono a rifiorire. Dapprima all’interno dei castelli più importanti, poi anche all’interno dei palazzi di città. I giardini aristocratici seguivano il modello monastico, ma si distinguevano per un particolare contenuto ideale e poetico. Dal giardino cintato (hortus conclusus) verso il Giardino d’Amore o delle Delizie, in un clima cortese ed erotico che non esitava a costruire angoli segreti e appartati. Alberi e piante erano posti in aiuole geometriche cintate da intrecci di vimini, secondo il modello romano, o racchiuse da cassoni lignei. L’ars topiaria muoveva i primi passi in direzione di quelli che costituiranno, successivamente, le glorie del giardino all’italiana. Purtroppo nessuno degli antichi giardini medievali si è conservato sino ai nostri giorni. Se non nelle miniature, negli affreschi o in certe descrizioni letterarie, come ad esempio nel Decameron di Giovanni Boccaccio.

ALCUNE RICOSTRUZIONI DI GIARDINI MEDIEVALI

GIARDINO DI PALAZZO MADAMA – TORINO

Tuttavia non mancano interessanti ricostruzioni, più o meno filologiche, come ad esempio il giardino di Palazzo Madama a Torino (www.palazzomadamatorino.it). Le cui prime notizie risalgono al 1402 successivamente ricostruito seguendo le indicazioni dei documenti d’epoca e della regola benedettina. Il tutto rispettando la tradizionale suddivisione dello spazio in: hortus (orto), viridarium (bosco e frutteto) e iardinum domini (giardino del principe) come anche la presenza degli arredi tradizionali (falconara, porcilaia, recinto delle galline).


ORTO DELL’ABBAZIA DI SAN PIETRO – PERUGIA
Un altro esempio è costituito dall’Orto dell’Abbazia di San Pietro a Perugia, sede della facoltà di Agraria (https://dsa3.unipg.it/asanpietro/complesso-monumentale-di-san-pietro-2/). Fu realizzato nel 1996, su progetto di Alessandro Menghini, secondo un ordine scandito dalla numerologia medievale e dalla visione benedettina del mondo. Il luogo rappresenta un viaggio spirituale ricco di simboli, specchio della mentalità dell’epoca. All’inizio del percorso la natura è ordinata in forme semplici, aiuole definite da stretti vialetti selciati intersecati ortogonalmente. E’ presente il rimando alla croce, che determinano figure geometriche basate sul quadrato e sul cerchio. E’ il Giardino dell’Eden, nel quale cresce l’Albero della Luce e della Scienza (l’ulivo) e  quello del Bene e del Male (il fico). Il percorso si addentra poi nel Bosco Sacro, evocativo dell’oscurità e dell’imperfezione. In un’altra aerea si trovano: l’hortus sanitatis (dedicato alle erbe medicinali), l’hortus holerorum (verdure), la cascata, la peschiera e il pomarium (alberi fruttiferi).
GIARDINO DEL CASTELLO DI VASANELLO (VT)

Un ulteriore esempio è ubicato all’interno del castello di Vasanello (VT), edificato da Orso Orsini a partire dal 1278. Si tratta di un giardino creato recentemente (www.castellodivasanello.it), dagli attuali proprietari, utilizzando solo piante autoctone europee anteriori alla scoperta dell’America. La realizzazione ha seguito le indicazioni di documenti come la pianta dell’Abbazia di San Gallo del 756 e il Capitulare De Villis[2] di Carlo Magno.

ORTO MONASTICO DELL’ABBAZIA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA – ROMA

Un giardino dove tutte le piante presenti rivestono un particolare significato simbolico e sono menzionate nella Bibbia (https://abbaziasanpaolo.org/giardino-monastico). Le piante da fiore sono state scelte in modo che in ogni periodo dell’anno ci siano cespugli e arbusti fioriti. I sentieri e le aiuole sono spesso impreziositi da materiale di spoglio proveniente dalla sottostante area archeologica. Tra gli angoli più interessanti dell’intero giardino è l’orto dei semplici (hortus simplicium). In questo luogo vengono coltivate, secondo la millenaria tradizione benedettina, le piante officinali impiegate nella composizione dei rimedi fitoterapici disponibili e acquistabili presso l’attigua Spezieria Monastica. Una delle particolarità è che il giardino ha una sezione in cui sono coltivate piante dedicate alla santa tedesca, badessa benedettina e dottore della Chiesa, Ildegarda di Bingen (XI-XII secolo d.C,). La quale scrisse due trattati enciclopedici che raccoglievano tutto il sapere medico e botanico del suo tempo. Nelle altre nove sezioni sono raggruppate numerosissime piante medicinali.


[1] I semplici, termine che deriva dal latino medievale medicamentum simplex erano infatti nella terminologia medievale i principi attivi che venivano ottenuti direttamente dalla Natura. Per ottenere i principi curativi  le piante venivano sottoposte a vari trattamenti nel laboratorio chiamato officina, motivo per cui le piante medicinali vengono anche chiamate piante officinali.

[2] una raccolta di prescrizioni e consigli sulla costruzione e manutenzione delle proprietà imperiali – si suggerisce che i giardini e i broli siano cinti da siepi o muri, che all’interno ci siano fiori e ortaggi, piante aromatiche e alberi da frutto. Sono evidenti le influenze orientali, desunte dalle tradizioni di Bisanzio e Bagdad dove al tempo si fondevano le esperienze arabe, persiane e greche.

Patrizia Caraffi e Paolo Pirillo (a cura di), PRATI, VERZIERI E POMIERI. Il giardino medievale. Culture, ideali, società“, Edifir Edizioni Firenze

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