Costituisce la più antica bevanda alcolica eppure è una delle meno conosciute. Il nome è di origine greca e nasce dall’unione delle parole hidor=acqua e méli=miele e indica la bevanda alcolica nata dalla fermentazione di acqua e miele.
STORIA
Il primo idromele potrebbe essere stato prodotto in modo naturale come conseguenza del lavoro delle api selvatiche, che costruivano i loro alveari nelle cavità dei grossi alberi, che riempiti di acqua dall’acqua piovana, consentiva al miele di entrare in contatto con i batteri e i lieviti, e il calore ne attivava la fermentazione producendo una bevanda dolciastra e alcolica che piacque e inebriò i nostri antenati. Si pensa che l’idromele, caratterizzato da una modesta gradazione alcolica, provocasse effetti psicotropi utili ai nostri progenitori per infondere “coraggio” prima di andare a caccia ed affrontare le bestie feroci.
Molte e differenti culture producevano tale bevanda, il ritrovamento finora più antico che attesta la presenza di idromele in vasi di ceramica di 9.000 anni fa, contenenti resti di una pozione fermentata a base di miele, sono stati rinvenuti nel villaggio neolitico di Jiahu, nella provincia di Henan, nel nord della Cina. Un altro reperto molto antico è presente nella penisola iberica nell’area nota per le antiche pitture rupestri raffiguranti scene di figure umane circondate da uno sciame di api, che salgono su delle pertiche o delle scale per avvicinarsi agli alveari, e dove parrebbe essere dipinta anche l’azione di fumigare gli alveari per immobilizzare temporaneamente le api. In un sito neolitico di capanne ritrovate sotto il megalito di Azután (Toledo), databili nel IV millennio a.C., sono venute alla luce macine e varie ceramiche contenti pollini alterati, esteri di cera d’api, glucosio e alghe unicellulari; cioè un insieme di elementi che ha permesso di identificare il residuo come miele probabilmente diluito nell’acqua.
Nell’antica Roma erano diffuse numerose ricette di idromele, chiamato acqua mulsa, che veniva consumato abitualmente come bevanda e utilizzato per la preparazione di piatti come attesta Apicio nel “De Re Coquinaria”. Tra le maggiori fonti storiche figura Plinio che, nel I secolo d.C., tramanda una ricetta con acqua e miele nella proporzione di uno a uno ed anche l’agronomo Columella, nel “De Agri Coltura”, ne riporta numerose ricette. Nel corso dei secoli la produzione di idromele è stata molto varia, non solo in relazione alle aree geografiche ma anche in base ai diversi ingredienti utilizzati. Si potevano aggiungere molte erbe aromatiche e piante officinali, dal rosmarino al timo fino ad alcune, come iperico, issopo e lunaria, oggi in disuso. Recenti studi attestano l’impiego di idromele nei riti ellenistici delle Tesmoforie, feste in onore della dea Demetra, con un arricchimento di sostanze eccitanti o allucinogene. Tra quest’ultime viene citato l’ergot (Claviceps purpurea) un alcaloide dovuto ad un fungo che contamina la segale. Ben noto ai Greci, i quali la denominavano con il termine Erysibe e alla stessa Demetra, dea dei cereali, era riservato detto l’epiteto.
Per i popoli nordici l’idromele è la bevanda dell’Altro Mondo, che scandisce i riti di passaggio della vita (nascita, matrimonio e morte) e simbolo dell’immortalità. La sacralità dell’ape, quale animale messaggero celeste che trasforma il sole in miele, e quella dell’acqua, vista come la linfa vitale che scorre nella madre terra, rendono l’idromele sacro presso i Celti. L’idromele diventa, quindi, l’essenza del divino, nell’unione fra cielo e terra. Nella mitologia indoeuropea costituisce la bevanda tipica dell’aldilà, nel mondo celtico come in quello germanico, è simbolo di immortalità. Nella letteratura e nella mitologia viene presentata come la bevanda dei re, quella preferita dal dio Odino. In Europa tra il IX ed il I secolo a.C. era bevuto dai Druidi e dalle tribù nelle cerimonie sacre che scandivano il ritmo delle stagioni, non poteva mancare nei festeggiamenti degli equinozi e dei solstizi. Per i Celti vi era, inoltre, un forte legame con la fertilità, ed è proprio da queste tradizioni che nasce l’espressione luna di miele: l’idromele era infatti il dono per la nuova coppia di sposi, che doveva accompagnare e benedire il primo ciclo lunare intero dopo il matrimonio, i ventotto giorni in cui si augurava alla donna di restare incinta.
Tra i differenti ingredienti dell’idromele figura nel XVI secolo il luppolo, soprattutto in Germania in quanto paese con una delle più antiche produzioni di idromele e con una importante influenza della tradizione brassicola. È soprattutto nel Seicento che l’idromele raggiunge il suo massimo splendore, la sua produzione aumentò notevolmente, tanto da divenire una delle bevande predilette dai re inglesi. Compare infatti in alcuni capolavori di Shakespeare. La bevanda era molto ricca di ingredienti come succo di ciliegie o lamponi, scorze di limone, primule e fiori di sambuco. Arricchita di aromatizzanti come ad esempio foglie di rosa, zenzero, pepe melegueta, macis, chiodi di garofano e cannella.
PRODUZIONE DELL’IDROMELE
È un prodotto ottenuto mediante aromatizzazione di una miscela di soluzione di miele fermentata e distillato di miele o alcole etilico di origine agricola, che contiene almeno il 30% di soluzione di miele fermentata. La dolcezza dell’idromele è data dai zuccheri residui. Può essere secco, amabile o dolce. In base ai mieli utilizzati si rintracceranno delle caratteristiche ben specifiche al gusto ed anche alla vista. L’idromele può esser fermo/piatto, con una minima presenza di CO2 o frizzante. Il grado alcolico va da 3,5 gradi a 18° %.
(Fasi di produzione dell’idromele tratte da L’Assaggio 88 – Inverno 2024)
Classificando l’idromele secondo il BJCP (Beer Judge Certification Program), uno dei principali enti di certificazione di birre, sidri e idromele inglesi, quest’ultimo si divide in:
–idromele classico (senza aromatizzazioni e può essere secco, semi-dolce, dolce);
–idromele di frutta (che varia in base al frutto aggiunto nel mosto di miele);
– idromele speziato;
– idromeli speciali (come il Braggot, fermentato a base di mosto di miele unito al mosto di birra).
L’IDROMELE OGGI
Dal XX secolo si cerca di preservare il più possibile le caratteristiche organolettiche del miele utilizzato e di controllare la fermentazione, evitando lo sviluppo di aromi indesiderati. La base di ogni idromele è acqua, miele e lievito (genere Saccharomyces) a cui talvolta possono essere aggiunti altri ingredienti come spezie, piante officinali, frutta e fiori.
L’idromele è una bevanda fermentata tendenzialmente con un buon residuo zuccherino e una maggiore gradazione alcolica rispetto alla birra, pur preservando una discreta acidità che rende il prodotto equilibrato.
Pur essendo una bevanda con una grande storia, l’idromele al giorno d’oggi è un prodotto di nicchia, relegato principalmente nell’Europa del Nord e dell’Est, probabilmente per il forte impatto simbolico, storico e culturale che la bevanda ha avuto su questi popoli. In ogni caso, i consumi non sono per nulla paragonabili ai ben più comuni birra e vino. Tuttavia nell’ultimo decennio si sta assistendo a un significativo incremento della produzione di idromele in vari paesi, primi tra tutti gli Stati Uniti. Secondo vari esperti l’aumento delle vendite negli USA è dato anche dal fenomeno Game of Thrones, la celebre serie televisiva, che ha contribuito alla diffusione della bevanda.
ABBINAMENTO
La complessità aromatica dall’idromele, e le sue caratteristiche gustative, fanno sì che questa bevanda idroalcolico sia equiparabile a un vino di struttura. La temperatura di servizio consigliata è intorno ai 10°C, gli abbinamenti possono variare in base alla tipologia di idromele. Quelli con note floreali e mielose come il millefiori o il tiglio possono essere abbinati per concordanza a crostate di frutta e torte al cioccolato. Un ottimo abbinamento è con biscotti secchi alle mandorle o alle nocciole. Per prodotti più strutturati, quali per esempio l’idromele al miele di castagno, l’abbinamento suggerito è con i formaggi erborinati o a pasta dura mediamente stagionati. In un gioco di equilibri e di contrasti fra dolcezza e sapidità, vi è l’abbinamento intrigante con gli scampi crudi. Un paté di fegato è in assonanza il sapore gustoso e dolciastro dell’idromele, inoltre, il grado alcolico e l’acidità sono utili per pulire la bocca dal grasso, lasciando un piacevole retrogusto fruttato-mielato. Un idromele barricato, dotato di buona tannicità e corpo, si accosta facilmente alla selvaggina come il cinghiale o la lepre. Nei differenti idromele possono esserci ingredienti complementari come albicocche, mele cotogne, frutti rossi, mandorle e noci, timo, patate, carote, lenticchie e spezie, ingredienti che ampliano notevolmente il ventaglio di abbinamenti possibili con questa bevanda.
DA PROVARE
Un invito a provare l’idromele “il Fermo” dell’azienda apistica biologica “Opificio 13” di Andrea Amendola di Bassano Romano (VT) e quello speziato gold di Drakon di Lamporecchio (PT). Oppure seguite il consiglio della mia amica Marie Joveneau, esperta di fermentazioni e ideatrice di Fermen’Action (https://www.instagram.com/fermentction), con “Idromele Ferrante Apicoltura” di Emanuele Ferrante di Arnara (FR) o lo spumeggiante “Bemuse original Brut” dai Paesi Bassi (NL).
BIBLIOGRAFIA
Tommaso Amadori, Scoprire con i sensi – L’idromele, in L’Assaggio – Scienze sensoriali per l’innovazione n.88 – Inverno 2024
Marco Gavio de Rubeis, Idromele: Miti, storia e preparazioni della bevanda degli dei, I doni delle muse edizioni, 2021
Marco Parrini, I colori dell’idromele. Come produrre i tuoi idromeli, melomeli, braggot e pazzomeli fatti in casa, Edizioni LSWR, 2021
Giorgio Samorini, Archeologia delle piante inebrianti, Youcanprint, Tricase (LE), 2017
“Contadini ubriachi di idromele”, incisione tratta da “Historia de gentibus septentrionalis” (1555) di Olao Magno