L’erba Moly costituisce un grande enigma botanico, descritta come una pianta dotata di una radice nera simile all’aglio e di un fiore bianco come il latte. Moly è una pianta immaginaria, appartenente al regno divino, che compare nell’Odissea, dove svolge un ruolo fondamentale nel salvare Ulisse, grazie alle proprietà magiche di cui è dotata. Quale antidoto contro la pozione offerta dalla dea Circe, come dono di ospitalità. Grazie all’antidoto, fornito da Hermes, Ulisse riuscì a sottrarsi alla metamorfosi in maiale, sorte che toccò, invece, ai suoi compagni di avventura.
L’erba moly viene descritta da Omero come una pianta dalla radice nera e grossa come una cipolla e dai fiori bianchi come il latte. Rappresenta la forza della ragione, tramite la quale l’uomo riesce a porre un freno ai suoi istinti animaleschi. Nel IX libro della Historia plantarum, il botanico greco Teofrasto (IV-III secolo a. C.) menziona un’erba con questo nome, affermando che essa cresce “presso Feneo e sul monte Cillene (in Arcadia, Grecia).
Dicono che questa pianta sia come il moly citato da Omero, che abbia una radice rotonda come una cipolla e la foglia come una scilla, e che sia usata contro gli incantesimi e le arti magiche, ma che non sia difficile da raccogliere…”.
nche Plinio conferma quanto detto da Teofrasto e nella Naturalis Historia, scrive: ‘L’erba moly è la piú famosa di tutte le piante, come testimonia Omero, il quale suppone che dèi stessi gli abbiano dato il nome e che da Mercurio fa scoprire le sue virtú salutari di rimedio contro ogni veneficio magico. Si dice che essa cresca ancor oggi nella regione del Peneo e sul Cillene in Arcadia e che, come lo descrive Omero, abbia una radice rotonda e nera della grandezza di una cipolla’.
Dioscoride Anazarbeo, botanico e medico greco antico vissuto nella Roma imperiale sotto Nerone, la identificò con la pianta che i siriani chiamavano bessasan, cioè con la pianta nota in italiano come ruta siriaca. Qualcuno ha voluto identificarla con l’aglio, altri studi la assimilano all’elleboro o, più probabilmente, con il Galanthus nivalis il fiore dai petali bianchi, noto in italiano come bucaneve.
Altri studiosi hanno proposto che il Moly fosse la Ruta graveolens, sembra poco probabile in quanto seppur alla ruta siano attribuite, secondo la tradizione, notevoli proprietà erboristiche e magiche ess non è dotata di un fiore bianco, bensì giallo. Qualcuno l’ha individuata nella Scilla marina (Urginea maritima), volgarmente nota come cipolla marina, una pianta delle Liliacee dal grosso bulbo.
Probabilmente il moly non è da ravvisare in una pianta ma un’espressione poetica usata per indicare un antidoto, derivata da molyein, indebolire, fiaccare”. Quindi un riferimento non concreto ma mitico-simbolico, già adottato dalla filosofia stoica, come testimonia Apollonio il Sofista: “Cleante, il filosofo, diceva che il moly significa allegoricamente il Logos dal quale vengono mitigati i bassi istinti e le passioni”.
“Così detto, mi dava l’erba Ermes, da terra strappandola, e la natura me ne mostrò; la radice era nera, al latte simile il fiore; moly la chiamano i numi. Strapparla è difficile per le creature mortali, ma gli dèi tutto possono.” (Odissea)