In questo periodo, in cui siamo costretti a trascorrere le serate in casa, potrebbe costituire un interessante stimolo quello di provare a cimentarci in cucina con delle ricette particolari. Non mi riferisco alla pizza o al soufflé ma alle pietanze rinascimentali. Attività che, contemporaneamente, ci consentirà un viaggio nel tempo, senza limiti di “zone”.
Faccio seguito al mio articolo A tavola con Lucrezia Borgia, pubblicato sulla rivista Epulae News*, ed al webinar, organizzato da SienawebTV, dal titolo Lo stile di Lucrezia Borgia dalla moda alla tavola, per sollecitarvi a prendere parte ad un’avventura gastronomica e per regalarvi un’esperienza multisensoriale, quella di provare il gusto di un’epoca.
Vi propongo di seguito una selezionedi ricette tratte da Cristoforo Messi detto Sbugo[1], pietra miliare della cucina Rinascimentale europea e dell’arte del banchetto.
Nel primo Cinquecento presso le corti italiane il banchetto costituiva l’occasione da parte del principe di dimostrare la propria ricchezza ed il proprio potere. A realizzarlo era una nutrita schiera di professionisti dal coppiere al cuoco, dal trinciante al credenziere, sotto la guida dello scalco[2].
Un alternarsi di numerosissime pietanze distinte tra servizi di credenza[3] e servizi di cucina[4], con intermezzi volti ad intrattenere, sorprendere e rallegrare i convitati attraverso: concerti, balli, danze e rappresentazioni teatrali.
Nelle ricette seguenti ho operato qualche aggiustamento, soprattutto ho scelto quelle più vicine ai gusti di oggi e per le dosi mi sono attestata sul numero di quattro commensali.
In qualità di sommelier per gli abbinamenti con le pietanze rinascimentali mi limito a rammentarvi i vini più diffusi sulle tavole aristocratiche del XVI secolo: Malvagia, Greco di Somma, Greco toscano, Trebbiano, Vernaccia, Magnaguerra, Moscatello, Raspato, Corso, ecc. ecc.
A questo punto non mi resta che augurarvi buon lavoro e buon appetito!
Ma non ditemi che buon appetito non si usa più! Basta con questa censura da galateo contemporaneo, quasi fosse un’affermazione volgare.
Questa semplice formula, comune a quasi tutte le civiltà e le lingue del mondo, racchiude molte sfumature, come spiega Massimo Montanari, docente di Storia Medievale e Storia dell’Alimentazione all’Università di Bologna. Il termine appetito deriva dal latino appetere, composto dal complemento di ad e petere, significa: sentire il desiderio, essere attratti da qualcosa, riferito al cibo vuol dire stuzzicare l’appetito, destare voglia. Pertanto augurare buon appetito è come dire: “spero che la tua fame non sia tale da impedirti un rapporto cordiale e piacevole con il cibo. Augurare buon appetito è un gesto gentile, affettuoso. Non perdiamolo[5]”.
Ricette rinascimentali
Salsa verde dolce e forte
Ingredienti: un mazzetto di prezzemolo ed un mazzetto di menta, un paio di rametti di dragoncello, 150 g mollica di pane bianco, uno spicchio di aglio, aceto bianco, sale e pepe. Per la versione dolce aggiungere zucchero o miele secondo il proprio gusto.
Preparazione: tritare le erbe aromatiche fino ad ottenerne una crema, aggiungere la mollica di bagna precedentemente ammollata in aceto e poi strizzata. Insaporire con sale, pepe nero macinato, uno spicchio di aglio spremuto ed aggiungere aceto fino a raggiungere la densità desiderata. Qualora si desideri una salsa dolce aggiungere zucchero o miele. Da utilizzare con le carni, ad eccezione della selvaggina.
Lasagnuole
Anche note come tagliatelle tirate la cui origine affonda nelle lagane romane descritte da Orazio.
Ingredienti: 400 g di semola rimacinata di grano duro e 100g di farina di grano tenero tipo ‘0’, 4 uova, un pizzico di sale (per la pasta); un litro di brodo di carne; 150 g di formaggio stagionato grattugiato e cannella in polvere.
Preparazione: disporre la farina a fontana ed al centro sbattere le uova, aggiungere un pizzico di sale ed impastare. Lavorare e poi lasciar riposare per 30 minuti. Tirare la pasta con il mattarello fino a farne una sfoglia sottile (come carta suggerisce Messisbugo), lasciarla asciugare e tagliare delle strisce lunghe e strette. Portare ad ebollizione il brodo e far cuocere le tagliatelle per pochi minuti (nel Rinascimento il tempo di cottura poteva arrivare anche ad un’ora). Disporle in una zuppiera ed aggiungere 150 g di formaggio stagionato grattugiato. Eventualmente arricchire il piatto con arrosto di cappone, o di anatra, con il relativo sugo di cottura. Terminare con una leggera spolverata di cannella e se volete gustare la versione originale dovreste aggiungere una spolverata di zucchero di canna.
Frittata rognosa
Proposta dal Messisbugo anche nella versione semplice, verde e piena. La prima al burro, la seconda con prezzemolo e menta e la terza con formaggio, uva passa, pinoli, cipolla e finocchi.
Ingredienti: 8 uova, 30 g di burro, 100 g carne tritata di vitello, 100 g di prosciutto crudo, cannella in polvere e sale.
Preparazione: sbattere le uova, aggiungere un paio di cucchiai di acqua, sale q.b., di prosciutto crudo tagliato a pezzetti e carne tritata già cotta in padella. Sciogliere il burro in padella e cuocere la frittata. A cottura avvenuta spolverare abbondantemente con cannella.
Pesce in potaccio
Il potaccio sta ad indicare nella cucina del tempo intingolo o brodo. La preparazione potrebbe essere un antenato del brodetto di pesce dell’Adriatico.
Ingredienti: un grosso luccio o un rombo secondo la ricetta originale (oppure optare per un mix di pesce da zuppa), un bicchiere di vino bianco dolce, un cucchiaio di aceto, un litro di brodo di pesce, olio evo q.b., una cipolla, due spicchi di aglio, due foglie di alloro, tre steli di prezzemolo, un pezzo di sedano, un pizzico di zafferano in stimmi, mezzo cucchiaino di noce moscata grattugiata, circa 4 cm di stecca di cannella, abbondante pepe nero da macinare al momento ed un chiodo di garofano.
Preparazione: pulire il pesce, tagliare a tranci e far cuocere in un soffritto di olio, aglio, cipolla, prezzemolo, alloro e sedano. A metà cottura aggiungere il vino, il brodo, un chiodo di garofano, un’abbondante macinata di pepe, la noce moscata, la cannella e lo zafferano. Aggiustare la quantità delle spezie in base al proprio gusto. Servire caldo in un piatto fondo con il brodetto, accompagnandolo da pane casereccio tostato e cosparso di aglio, terminare con un filo di olio a crudo.
Pastello battuto alla francese di carne di vitello
Il pastello è molto frequente nel ricettario di Messisbugo, si tratta di un pasticcio che prevede un involucro esterno di pasta ed un ripieno che può riferirsi ad ingredienti dolci (riso alla turchesca, o mele cotogne, o mele) o a quelli salati (fegato, cappone, carciofi, ostriche, anguille, …) riporta anche versioni internazionali come quella tedesca, ungherese o francese. Vi propongo il pastello alla carne di vitello, che potrebbe essere un antenato dei contemporanei pasticci di carne in crosta.
Ingredienti: per la pasta 250 g di farina, 125 g burro, 5 g di sale, 10 cl di acqua (oppure sostituire la pasta con pasta brisèe già pronta). Per il ripieno: carne di vitello magra 500 g, 100 g di prosciutto in una sola fetta, una cipolla grande, olio evo q.b. un bicchiere di vino, un uovo, cm. 5 di radice di zenzero fresco, un chiodo di garofano, mezza noce moscata, un pizzico di zafferano in stimmi, un’abbondante spolverata di pepe nero macinato al momento e sale q.b.
Preparazione: Per la pasta impastare farina con il burro freddo a pezzetti, aggiungere acqua in cui avrete sciolto il sale. Mescolare rapidamente con la punta delle dita, farne una palla e tenerla al fresco per circa due ore. Nel frattempo preparare la carne di vitello tagliandola al coltello in pezzi molto piccoli, far cuocere in pentola con un pochino di olio evo, una cipolla tagliata sottile e prosciutto a dadini. Aggiungere un bicchiere di vino, zenzero grattugiato, pepe, chiodo di garofano, noce moscata grattugiata, zafferano e sale. A cottura ultimata stendere la pasta e rivestire la teglia di ceramica da forno, per non farla attaccare usare carta da forno, preparare anche la pasta da utilizzare come strato finale. Versare la carne nello scrigno di pasta e sigillare bene. Pennellare con un rosso d’uovo, fare un buco al centro per far fuoriuscire il vapore, se lo desiderate potreste fare alcuni decori di pasta, a forma di fiori o di animaletti. Infornare a 230 °C per circa 20 minuti.
Cipolle in tiella
Ingredienti: 800 di cipolle bianche, 5 cucchiai di olio evo (o 60 g di burro), farina, sale e pepe.
Preparazione: mondare le cipolle e lasciarle intere, lessarle in acqua bollente salata. Ancora ben sode scolarle. Passarle nella farina e metterle in una casseruola (tiella) con olio (o burro come suggerisce lo stesso Messisbugo), mettere il coperchio e farle friggere. Quando saranno ben dorate spolverare con abbondante pepe e servire.
Riso alla turchesca
Il riso è una pianta di origine asiatica arrivata attraverso gli Arabi. Si racconta che Gian Galeazzo Sforza donò, nel 1475, al genero Alfonso d’Este, un sacco di riso, promettendo che avrebbe fruttato una produzione di ben dodici sacchi di riso. Tale rapporto che aveva per quei tempi qualcosa di miracoloso, contribuì allo sviluppo delle risaie della pianura padana che da 5.000 ettari nel XV secolo si estesero a ben 50.000 durante il Cinquecento, con un notevole incremento nel ducato di Ferrara.
Ingredienti: ½ l di latte intero, 450 g di riso, tre tuorli, 150 g di zucchero di canna, 150 g di burro, acqua q.b., due cucchiai di acqua di rose [6]e due cucchiai rasi di cannella in polvere.
Preparazione: versare in una pentola il latte, due bicchieri d’acqua acqua, il riso, il sale e l’acqua di rose e portare il tutto ad ebollizione. Lasciar cuocere poi scolare, raffreddare ed unire i tuorli sbattuti con lo zucchero. Mescolare bene il tutto e versare l’impasto in una teglia, a ciambella, opportunamente imburrata. Cuocere per circa 20 minuti in forno caldo a 180°C. Servire dopo aver cosparso tutta la superficie di zucchero e cannella in polvere.
Brazzatelle di latte e zucchero
Brazzatelle, brazadelle o bracciatelle, si tratta di ciambelle, come suggerisce il nome a forma di braccialetto. Profumate con acqua di rosepossono essere arricchite come citato nella ricetta di Messisbugo (se li vorrai porre anesi dentro, serà buona opera) da semi di anice.
Ingredienti: 500 g farina 0, 80 g di zucchero, 3 uova, 20 g di burro, 2 cucchiai di acqua di rose, un dl di latte, 200 g di lievito di madre oppure 25 g lievito di birra.
Preparazione: impastare gli ingredienti insieme, mantenere il tutto al caldo per favorire la lievitazione che impiegherà circa sette ore con il lievito madre, o quattro con il lievito di birra. Dopo la prima lievitazione effettuare un giro di pieghe e lasciar lievitare, raddoppiato il quantitativo formare dei lunghi cilindri, tagliarli ogni 15 cm e ricavarne delle ciambelle unendo le estremità. Lessarle, poche per volta, in acqua bollente salata per cinque minuti, scolarle e lasciarle asciugare per almeno due ore. Disporle su una placca da forno e cuocerle in forno caldo a 200°C per 10 minuti.
Frittelle di mele, uva secca e pinoli
Ingredienti: un kg di mele, 250 g di farina, 90 g zucchero, 60 g di uva passa, 60 g di cedro candito, 60 g pinoli, 1/2 bicchiere di vino bianco, due cucchiai di olio extra vergine di oliva più quello che occorre per friggere e un pizzico di zafferano in stimmi.
Preparazione: Sbucciare le mele, privarle del torsolo ed affettarle a dadini mantenendo uno spessore inferiore al mezzo centimetro. Preparare la pastella con farina, zucchero, vino, uva passa, zafferano, pinoli e tre cucchiai di olio. Amalgamare ed aggiungere i dadini di mela e il cedro candito a pezzetti. Con un cucchiaio prelevare il composto e gettarlo nell’olio bollente e friggere. Ben dorate cospargere di zucchero e servire.
- *Articolo : A Tavola con Lucrezia Borgia ( vedere: https://epulaenews.it/una-proposta-multisensoriale-per-rivivere-la-storia-di-una-delle-figure-piu-emblematiche-ed-affascinanti-del-rinascimento/ )
[1] Cristoforo Messi detto sbugo (fine XV secolo – 1548), più conosciuto come Messisbugo, autore dell’opera Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale (pubblicato postumo nel 1549), un vero e proprio trattato di costume ed una miniera di notizie sul cibo, con oltre trecento ricette, pensate specificamente per i banchetti della corte estense presso la quale lavorò per oltre trent’anni. Oggi è indicato come il fondatore della tradizione gastronomica italiana del Cinquecento e della stessa cucina moderna europea.
[2] Allo scalco spettava il compito di supervisionare la preparazione, la cottura e la distribuzione dei cibi; gli acquisti dello spenditore; la conservazione di derrate alimentari del dispensiere; sorvegliare il canovaro, addetto alle cantine, e il bottigliere, responsabile alla scelta dei vini più adatti alle diverse pietanze. Lo scalco sovraintendeva, inoltre, al credenziere, che aveva il compito di preparare tutti i servizi iniziali e finali del banchetto e l’ornamento delle tavole; nonché al cuoco, al quale era demandata la preparazione di tutti i piatti caldi. Allo scalco era, inoltre, affidato il compito di fissare il ritmo delle portate, stabilire le precedenze nel servizio in base alla nobiltà ed al rango dei convitati.
[3] Servizio di credenza: servizio di vivande fredde servito all’inizio e alla fine di ogni pasto, nel primo caso prevalevano dolcetti, insalate, torte e frutta; nel dopo pasto prevalevano formaggi, verdure, confetti e frutta candita.
[4] Servizio di cucina: servizio di pietanze calde che arrivavano dalla cucina come i grandi arrosti, i piatti di pesce e di carne, pasticci, potaggi, ecc. ecc.
[5] Vedere: Massimo Montanari, Il sugo della storia, Editori Laterza, Bari-Roma, 2016
[6] Acqua di rose: acqua aromatica, sottoprodotto della distillazione dei petali di rosa, preparazione alimentare venduta nei negozi di gastronomia orientale.